ARCHIPLANO

L' Archiblenda ha un motore di treno al molibdeno giuntato con cernierinicci corti a gomito buam tun tun buam tun tun buam buam tun tun la parte terminale è un ossoplente a legno dai pistoncini di vetro-brivido brasato striii striii striii diii striii sulla biella torsionata si cancangia un sensore biometalla fischiante prinpron prinpron prinpron
L'Archipicchio invece in blocco sta in collo allo scapicchio con due ferri avvitati alla camera di scoppio damdumdum damdumdum dumdum se lo scuoti il pulsante clanga perchè s'è rotto l'attormizzatore praclangclang praclangclang pran sul di dietro la vernice cade a spacchi ed il vento fa brillare i cacciacicci vac-chivac-chivac-vac Insieme fanno un Archiplano straordinario dalla linea turbolesta e perforante prahi calè prahi calè olè la tastiera dei comandi è a schermo liquido informale lucida di zarzo penta-biflettente digitale sgisà sgisà sat il portello meccanato rapido spantana e senza il minimo ronzio s'olìa nel mezzo tran tran tran
E l'Archiplano assemblato straordinario cascavola come un chirottero o una palla se in giù va digrignando appicca lo schedario sui capelli invece slitta con un grido di battaglia di ferraglia
E da ultimo inghiotte un razzo centenario
ruttando come un vero faccitalia
ruttando come rutta la plebaglia!

(Archiplano, 1981)

ACCIPICCHIA!

ACCIPICCHIA, CHE SGARGIANTE LA CREATURA VOLPARLANTE DI ARCHIPLANO! MEZZO UCCELLO ALLA DEPERO MEZZO DRONE LEONARDIANO. BLU E ROSSO ROMBA A TERRA, TWITTA IN CIELO COI VOLANTI FUTURISTI, CON LE MACCHINE CONIGLIE CHE FAN FIGLI. INFORNATE DI PAROLE, FILASTROCCHE PITTURATE, STRAMPALATE, NATE STRANE. ARCHIBLENDA! BIOMETALLA! TURBOLESTO, PERFORANTE COME BECCA, COME PICCHIA L'ARCHIPICCHIO DI ARCHIPLANO!

(Franco Canavesio 12 gennaio 2016)


lunedì 11 luglio 2011

A SEI ANNI

a sei anni decise di non crescere più e per qualche decennio successivo non crebbe più ebbe sempre sei anni

i suoi genitori all’inizio non ci volevano credere lo portarono da vari medici, professori illustri, eccelsi accademici, i quali si limitarono a constatare le sue ottime condizioni di salute, ma con un piccolo particolare: il corpo non cresceva, era sano, vivace, ma rimaneva sempre uguale, e così anche l’intelletto, sveglio, attento, un ottimo intelletto per un bambino di sei anni, ma dopo un anno, due anni, tre anni, era chiaro che qualcosa non andava, i genitori dapprima si disperarono, poi si abituarono ad avere per casa un infante perenne
allegro, curioso, ed eternamente bambino

i suoi amichetti di scuola materna s’iscrissero alla scuola dell’obbligo, poi si diplomarono, qualcuno si laureò, entrarono nel mondo del lavoro, si sposarono, ebbero figli, qualcuno fece anche in tempo a morire, e lui era sempre uguale, il solito eterno bambino di sei anni che non sapeva leggere l’ora o allacciarsi le scarpe, che talvolta bagnava il letto, e ripeteva costantemente la prima elementare perché a settembre non sapeva mai leggere e scrivere

mentre lui dormiva beato in mezzo a loro nel lettone matrimoniale, i genitori passarono notti insonni a chiedersi ragione di ciò e ragione non c’era se non la sua volontà di non crescere - ma questo i genitori non lo sapevano, e pensando a quando sarebbero morti si fecero assistere da un patronato e gli fecero dare la pensione d’invalidità civile, finì persino nei libri di medicina perché non vi era altro caso conosciuto in letteratura di infante mutante disabilitato alla crescita
i genitori invecchiarono si piegarono sulle gambe e sulla schiena i capelli radi e candidi non ce la facevano più a star dietro a quel bambino che non stava mai fermo - perché un bambino di sei anni non sta mai fermo! che non si lasciava vestire e che faceva i capricci perché voleva un giornalino o un gelato o un giocattolino o una serie infinita di o... finché un giorno essi morirono tristi e affaticati con la sensazione di aver sbagliato qualcosa, e chissà cosa, a causa di quell’eterno bambino lasciato alle spalle nel mondo dei vivi...

e quando i genitori non ci furono più lui decise che era ora di crescere, e così crebbe, e da quel momento in poi come gli altri compì sette anni, poi otto, poi divenne adolescente, poi adulto, come gli altri tornò nel branco, progredì nel banco, uscì dai libri di medicina, gli tolsero la pensione d’invalidità, non ricordò mai più (o non volle mai dirlo) il motivo per cui aveva deciso di non crescere, ed anche dei genitori conservò per tutta la vita un ricordo sbiadito e confuso