ARCHIPLANO

L' Archiblenda ha un motore di treno al molibdeno giuntato con cernierinicci corti a gomito buam tun tun buam tun tun buam buam tun tun la parte terminale è un ossoplente a legno dai pistoncini di vetro-brivido brasato striii striii striii diii striii sulla biella torsionata si cancangia un sensore biometalla fischiante prinpron prinpron prinpron
L'Archipicchio invece in blocco sta in collo allo scapicchio con due ferri avvitati alla camera di scoppio damdumdum damdumdum dumdum se lo scuoti il pulsante clanga perchè s'è rotto l'attormizzatore praclangclang praclangclang pran sul di dietro la vernice cade a spacchi ed il vento fa brillare i cacciacicci vac-chivac-chivac-vac Insieme fanno un Archiplano straordinario dalla linea turbolesta e perforante prahi calè prahi calè olè la tastiera dei comandi è a schermo liquido informale lucida di zarzo penta-biflettente digitale sgisà sgisà sat il portello meccanato rapido spantana e senza il minimo ronzio s'olìa nel mezzo tran tran tran
E l'Archiplano assemblato straordinario cascavola come un chirottero o una palla se in giù va digrignando appicca lo schedario sui capelli invece slitta con un grido di battaglia di ferraglia
E da ultimo inghiotte un razzo centenario
ruttando come un vero faccitalia
ruttando come rutta la plebaglia!

(Archiplano, 1981)

ACCIPICCHIA!

ACCIPICCHIA, CHE SGARGIANTE LA CREATURA VOLPARLANTE DI ARCHIPLANO! MEZZO UCCELLO ALLA DEPERO MEZZO DRONE LEONARDIANO. BLU E ROSSO ROMBA A TERRA, TWITTA IN CIELO COI VOLANTI FUTURISTI, CON LE MACCHINE CONIGLIE CHE FAN FIGLI. INFORNATE DI PAROLE, FILASTROCCHE PITTURATE, STRAMPALATE, NATE STRANE. ARCHIBLENDA! BIOMETALLA! TURBOLESTO, PERFORANTE COME BECCA, COME PICCHIA L'ARCHIPICCHIO DI ARCHIPLANO!

(Franco Canavesio 12 gennaio 2016)


martedì 28 giugno 2011

AMBURGO

forse ad Amburgo non ci capiamo
nemmeno se parliamo in italiano
o forse i tedeschi son davvero diversi
un po’ tristi anche se comunisti
poi c’è la gente che batte le mani
alle per sempre giovani attrici italiane
vestite di bianco sfondando la notte
con occhi brillanti e voce che scotta
mentre la gente batte loro le mani
forse ad Amburgo c’è qualcosa di strano
che noi conosciamo che parla anche italiano
la voglia bestiale di non farsi schiacciare
dal tetro linguaggio del dopo ideale
dal tetro linguaggio del dopoguerra mondiale
e come ci appaiono buffi questi tedeschi
coi loro modi sessantotteschi
l’odore del porto scompiglia i capelli
accende la schiena il freddo di agosto
l’odore del porto o di qualche altro posto
e poi è tardi per dormire e mangiare
e nulla che abbia più senso a quest’ora
solo sedersi a fumare e pensare
e guardare il teatro bruciare ancora
e via ancora in scena poi provi a parlare
verso la fine qualcuno capirà
la Storia dei popoli è anche razzismo
collaborazionismo vergogna viltà
forse ad Amburgo noi ci capiamo
anche se non parliamo in italiano
e forse i tedeschi no, non sono diversi
solo un po’ tristi anche se comunisti